Come eravamo

dal terremoto alla città spettacolo

In pieno giorno, i tamburi della notte

“..E’ cronaca quella di Gianni Fiorito? Con la massima semplicità l’occhio del fotografo ha visto superfici, specchi che riflettevano pezzetti di mondo, e li ha fissati nel documento: e il documento lo ha ripagato con la sua obiettività. Fiorito è partito dalla rabbia che la speranza aveva acceso all’inizio in quei cortei per la città, e si è arrestato su una soglia indecisa tra passato e futuro, senza costruire un montaggio fasullo della realtà, senza sovrapporre un’interpretazione univoca a quello che ha visto. Il tocco di oleografismo che si stende su alcune delle ultime fotografie è una ironia oggettiva esercitata sull’oleografismo che c’è non in Fiorito, ma nella realtà: il documento parla anche contro sé stesso, fin dai tempi di Zola. Alla fine le processioni ritornano; ritornano i poliziotti e l’esercito nei quartieri pullulanti di criminalità; ritornano i fuochi di una ribellione sempre più fine a sé stessa e disperata; ritornano gli spari che aprono ragnatele di crepe nelle vetrine; ritorna, vicino ma inafferrabile, il cupo rumore dei tamburi della notte.

Giuseppe Montesano