‘O vero

‘O Vero!
Napoli nel mirino

a cura di Mario Codognato, Eduardo Cicelyn e Giovanni Fiorentino

Museo Madre

Peppe Avallone, Aniello Barone, Cecilia Battimelli, Monica Biancardi, Antonio Biasiucci, Stefano Cerio, Agenzia Controluce, Luciano D’Alessandro/Michele Gandin, Bruno del Monaco, Martin Devrient, Fabio Donato, Luciano Ferrara, Gianni Fiorito, Raffaela Mariniello, Lucia Patalano, Oreste Pipolo, Luciano Romano, Mario Spada, Luigi Spina, Paul Thorel

La verità di Napoli è destinata per ragioni addirittura antropologiche ad apparire come qualcosa di straordinario, nel bene e nel male. E la fotografia sembra in grado di registrare meglio e più di altri linguaggi creativi ciò che tutti i visitatori sanno per esperienza, e cioè che in questa città accade molto spesso il miracolo di incontrare una realtà che, se arriva alla verità, è sempre per eccesso.

Sarebbe da chiedersi, infatti, se non sia proprio nel conflitto irrisolto tra ciò che appare reale e ciò che si dice vero il senso ultimo della città. Il viaggio di questa mostra tra i vicoli antichi e le periferie postmoderne, tra soggettività e figure paradigmatiche, sempre eccessive (gli ultras, i “femminielli”, le statue, le montagne d’immondizia, gli attori, i registi, gli sposi, i fantasmi, gli esclusi, i morti ammazzati) è un percorso circolare, che riconduce lo sguardo al punto d’incrocio sempre un po’ folle tra realtà e verità. Quando la fotografia ci dice “ciò è stato” a Napoli, nasce il dubbio che non sia “esattamente questo” quello che vediamo, benché sia del tutto evidente. Il titolo ‘O VERO!’ è l’espressione dialettale di questa incertezza, il modo più originario di segnalare lo stupore per una realtà effettiva che si mostra apparendo incredibile, mentre l’immagine dello schieramento di polizia in difficoltà davanti ai fuochi d’artificio – simbolo della mostra – è la prova di come la finzione possa determinare un effetto evidentemente reale. Questa mostra, al Madre dal 3 dicembre al 10 gennaio, vuole anche dirci che, nonostante la crisi drammatica che Napoli sta attraversando negli ultimi anni, qualcosa rimane, e che questo qualcosa è la volontà di guardare le cose in faccia, di non mentirsi e di non lasciare che ancora ci si menta. E che su questo si può costruire, da questo si può ricominciare a lavorare sul futuro.